di Alain Chivilò
© Alain Chivilò
Appare strano che in Italia si sia arrivati al 2022 per programmare la più grande retrospettiva dedicata all’artista tedesco naturalizzato francese Max Ernst (2/4/1891 Brühl, 1/4/1976 Parigi). Di certo, oggi, è stata organizzata una mostra che permette a pieno di visualizzare e comprendere l’intero iter lungo le diverse applicazioni visive portate avanti dal Maestro.
I numeri sono imponenti per l’evento a cura di Martina Mazzotta e Jürgen Pech: più di 400 opere suddivise tra sculture, dipinti, collages, disegni, fotografie, libri illustrati e gioielli provenienti da fondazioni, collezioni private e musei sia in Italia e sia all’estero.
Inoltre il percorso espositivo è suddiviso in 4 grandi periodi lungo in 9 sale tematiche. Nello specifico: La rivoluzione copernicana; All’interno della visione; La casa di Eaubonne; Eros e metamorfosi; I quattro elementi (foreste/terra, uccelli/aria, mare/acqua, orde/fuoco); Natura e visione; Il piacere di creare forme (Gestaltungslust) – il piacere dell’occhio (Augenlust); Memoria e Meraviglia; Cosmo e crittografie.
Max Ernst è un’artista che fa parte della storia dell’arte e non può essere inquadrato all’interno di un filone descrittivo. Dal Surrealismo, uno tra i massimi esponenti, al Dadaismo per giungere a disamine quali patafisico, romantico e rinascimentale. Inventore del frottage (sfregamento) ossia uno strofinamento tra diversi materiali (esempio matita, carta, pavimento) che come tecnica permette delle immagini non standardizzate ma soprattutto unisce la manualità operativa con la creatività.
Vincitore del primo premio per la pittura alla XXVII Biennale di Venezia, edizione 1954, con signorilità non fece polemica all’impossibilità di entrare alla cerimonia di premiazione per incomprensioni culturali all’ingresso, ma, con ironia, che c’è di meglio di un giro nella città lagunare all’interno delle inestimabili bellezze artistiche presenti?
Come da sue memorie Ernst definì il suo iter attraverso “I miei vagabondaggi, le mie inquietudini, le mie impazienze, i miei dubbi, le mie fedi, le mie allucinazioni, i miei amori, le mie collere, le mie rivolte, le mie contraddizioni, i miei rifiuti di sottomettermi a una disciplina qualsiasi, fosse anche la mia, le visite sporadiche di Perturbazione, sorella mia, la donna 100 teste non hanno certo creato un clima favorevole all’elaborazione di un’opera calma e serena […] Sediziosa, ineguale, contraddittoria, e inaccettabile per specialisti dell’arte, della cultura, del comportamento, della logica, della morale. Per contro, essa ha il dono di incantare i miei complici: i poeti, i patafisici, alcuni analfabeti”.
Per approcciarsi ed approfondire Max Ernst diventa d’obbligo una visita alla mostra Meneghina, all’interno della quale si può focalizzare quella peculiarità fantastica della sua creatività che nel Surrealismo ha trovato terreno culturale fecondo, ma soprattutto quel simbolismo ricco di psicoanalisi, memoria e molteplici significati.
Concludendo per Ernst, “dipingere non è per me un divertimento decorativo, oppure l’invenzione di plastica di una realtà ambigua; ogni volta la pittura deve essere invenzione, scoperta, rivelazione”.
Max Ernst
Milano, Palazzo Reale
4 ottobre 2022 – 26 febbraio 2023
di Alain Chivilò
© Alain Chivilò
Appare strano che in Italia si sia arrivati al 2022 per programmare la più grande retrospettiva dedicata all’artista tedesco naturalizzato francese Max Ernst (2/4/1891 Brühl, 1/4/1976 Parigi). Di certo, oggi, è stata organizzata una mostra che permette a pieno di visualizzare e comprendere l’intero iter lungo le diverse applicazioni visive portate avanti dal Maestro.
I numeri sono imponenti per l’evento a cura di Martina Mazzotta e Jürgen Pech: più di 400 opere suddivise tra sculture, dipinti, collages, disegni, fotografie, libri illustrati e gioielli provenienti da fondazioni, collezioni private e musei sia in Italia e sia all’estero.
Inoltre il percorso espositivo è suddiviso in 4 grandi periodi lungo in 9 sale tematiche. Nello specifico: La rivoluzione copernicana; All’interno della visione; La casa di Eaubonne; Eros e metamorfosi; I quattro elementi (foreste/terra, uccelli/aria, mare/acqua, orde/fuoco); Natura e visione; Il piacere di creare forme (Gestaltungslust) – il piacere dell’occhio (Augenlust); Memoria e Meraviglia; Cosmo e crittografie.
Max Ernst è un’artista che fa parte della storia dell’arte e non può essere inquadrato all’interno di un filone descrittivo. Dal Surrealismo, uno tra i massimi esponenti, al Dadaismo per giungere a disamine quali patafisico, romantico e rinascimentale. Inventore del frottage (sfregamento) ossia uno strofinamento tra diversi materiali (esempio matita, carta, pavimento) che come tecnica permette delle immagini non standardizzate ma soprattutto unisce la manualità operativa con la creatività.
Vincitore del primo premio per la pittura alla XXVII Biennale di Venezia, edizione 1954, con signorilità non fece polemica all’impossibilità di entrare alla cerimonia di premiazione per incomprensioni culturali all’ingresso, ma, con ironia, che c’è di meglio di un giro nella città lagunare all’interno delle inestimabili bellezze artistiche presenti?
Come da sue memorie Ernst definì il suo iter attraverso “I miei vagabondaggi, le mie inquietudini, le mie impazienze, i miei dubbi, le mie fedi, le mie allucinazioni, i miei amori, le mie collere, le mie rivolte, le mie contraddizioni, i miei rifiuti di sottomettermi a una disciplina qualsiasi, fosse anche la mia, le visite sporadiche di Perturbazione, sorella mia, la donna 100 teste non hanno certo creato un clima favorevole all’elaborazione di un’opera calma e serena […] Sediziosa, ineguale, contraddittoria, e inaccettabile per specialisti dell’arte, della cultura, del comportamento, della logica, della morale. Per contro, essa ha il dono di incantare i miei complici: i poeti, i patafisici, alcuni analfabeti”.
Per approcciarsi ed approfondire Max Ernst diventa d’obbligo una visita alla mostra Meneghina, all’interno della quale si può focalizzare quella peculiarità fantastica della sua creatività che nel Surrealismo ha trovato terreno culturale fecondo, ma soprattutto quel simbolismo ricco di psicoanalisi, memoria e molteplici significati.
Concludendo per Ernst, “dipingere non è per me un divertimento decorativo, oppure l’invenzione di plastica di una realtà ambigua; ogni volta la pittura deve essere invenzione, scoperta, rivelazione”.
Max Ernst
Milano, Palazzo Reale
4 ottobre 2022 – 26 febbraio 2023
di Alain Chivilò
Precedente
Successivo